giovedì 4 agosto 2016

Co-Working, come cambia il mondo del lavoro


Sei un professionista ed hai bisogno di uno spazio lavorativo? Hai bisogno di un luogo dove portare i tuoi clienti? Devi riunire il tea per un progetto? Addio ufficio tradizionale.
Oggi si lavora in Co-Working. Ma cos’è?
Il coworking, a grandi linee,  è la condivisione di uno spazio lavorativo tra diversi professionisti.
La nascita risale al 2005 grazie ad un programmatore informatico californiano, tale Brad Neuberg, che creò il “San Francisco Coworking Space”, un locale arredato con mobili Ikea per condividere con altri professionisti locali connessioni e servizi.

Soluzione perfetta ed utile per i professionisti freelance che non potevano permettersi un posto di lavoro proprio, e in alcuni casi una vera opportunità di business.
Anche se, va detto, subaffittare una stanza con connessione non è sufficiente per rientrare nella definizione: lo spazio di coworking è anche un luogo di incontro, un posto per creare sinergie e fare networking!

Da allora si è assistito ad un vero e proprio boom! Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia, dove i numeri iniziano a essere interessanti: 40 realtà di coworking solo a Milano, un centinaio nella rete Cowo, oltre 200 in tutta Italia se si considerano anche esperimenti più soft e meno strutturati.
Il fenomeno è talmente esteso che si parla anche di co-working aziendali: invece di ospitare un singolo professionista, si dà spazio ad intere aziende. Non mancano anche incubatori (business incubator), realtà nate con lo scopo di permettere alle start-up di svilupparsi, che offrono anche spazi per lavorare. Un esempio? Speed Mi Up, sempre su Milano.

Il modello è sicuramente vincente, ed è destinato a contagiare altri ambiti. Basti pensare al co-housing, alloggi privati con condivisione di servizi comuni; da non confondere con i comuni condomini: in condivisione qui ci sono persino le cucine!
Un modo nuovo di concepire il lavoro che sta portando con sé un vero e proprio cambiamento culturale, economico e sociale.

Con la crisi e un mercato del lavoro sempre più flessibile, l’ufficio tradizionale sarà sempre meno popolare, specie nelle realtà provinciali.

Il co-working cambia il lavoro. Come?

Offrendo la possibilità di abbattere i costi fissi di gestione di un classico ufficio, la flessibilità d’impiego degli spazi e degli strumenti di lavoro, ma soprattutto l’opportunità di creare una (o più) comunità nella quale riconoscersi e dalla quale sentirsi riconosciuti, che abbia come obiettivo una convivenza sociale e professionale.
Condivisione, collaborazione, costruzione di relazioni, fare rete: sono pratiche acquisite grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali e diventano oggi le basi sulle quali costruire modelli diversi da quelli che la crisi ha dimostrato non funzionare più. Al centro torna l’uomo con le sue relazioni. 

Quali sono gli ingredienti “giusti” per farlo funzionare?

•Condivisione: lo scambio di conoscenze, nell’era della precarietà, non passa più soltanto attraverso Internet; avviene attraverso la condivisione anche di spazi fisici in cui mettere a fattore comune strumenti di lavoro, contatti, professionalità, progetti.

•Collaborazione: creare collaborazioni tra professionisti che svolgono attività simili e diverse; far nascere nuove sinergie che stimolino la creatività ed il sapere di ognuno. Dinamismo fondamentale.

•Costruzione: moltiplicare alleanze, collaborazioni su attività, committenze, progetti.

•Connessione: fare rete; uscire dalla condizione di isolamento che molto spesso è propria del freelance (specie coloro che lavorano da casa) e creare una comunità multi-professionale costituita da persone che condividano i valori di apertura verso l’altro, collaborazione professionale, curiosità intellettuale

mercoledì 3 agosto 2016

Programma Panorama, un utile strumento per l'orientamento.

Sapersi orientare all’interno dell’attuale mondo del lavoro non è affatto semplice. Ne sono ben consapevoli soprattutto i giovani che, una volta terminato il proprio percorso di studio, si ritrovato del tutto spiazzati e spesso incapaci a muovere i primi passi. Da questo punto di vista un’importante iniziativa del tutto incentrata sull’orientamento al lavoro è il programma Panorama carriere e lavoro, un vero e proprio tour durante il quale sarà possibile incontrare esperti nel campo delle risorse umane e rappresentanti di alcune delle principali aziende italiane.
Semplicemente iscrivendosi all’evento, sarà possibile fissare il proprio appuntamento con gli esperti del settore ed avere, quindi, una sessione esclusiva di orientamento al lavoro focalizzata sulle proprie competenze ed aspirazioni future. I giovani che parteciperanno all’evento entreranno a far parte della Community HRC con oltre 300 aziende nazionali ed internazionali: un ottimo modo questo per essere sempre aggiornato sulle opportunità di lavoro disponibili.
Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno il programma Panorama carriere e lavoro affronterà importanti tematiche indispensabili per favorire l’orientamento dei più giovani, come ad esempio: il bilancio delle proprie competenze, per evidenziare i punti di forza e le attitudini su cui puntare; l’analisi del mercato, per far comprendere quali sono i settori economicamente più forti e le rispettive professioni più richieste dalle aziende; il personal branding, tramite cui imparare a presentarsi e ad impostare un curriculum vitae ed una lettera di presentazione perfetti; l’uso dei social network per perfezionare la propria presenza online, approfondendo in particolare LinkedIn.
Nel corso degli incontri, gli esperti in risorse umane e i manager aziendali metteranno la propria esperienza e competenze al servizio dei giovani, volenterosi di trovare un’occupazione adeguata. Si effettueranno anche delle simulazioni di colloqui di lavoro in modo da far fare pratica e mostrare dei trucchi efficaci per mantenere la calma e presentarsi al meglio.
Di seguito ecco il calendario delle varie tappe del programma Panorama carriere e lavoro:

9 settembre 2016 – Costiera Amalfitana
30 settembre 2016 – Cagliari
18/21 ottobre 2016 – Milano
11 novembre 2016 – Mantova
25 novembre 2016 – Trapani.

Per iscrivervi ed avere maggiori informazioni riguardo questo importante evento dedicato all’orientamento al lavoro, si consiglia di consultare la seguente pagina web.

mercoledì 22 giugno 2016

Comunicare con i ... piedi!

Il piede. Una parte del corpo che in genere non lascia indifferenti; la sua vista o il contatto con esso in alcuni provocano sentimenti di disgusto e repulsione; in altri suscitano attrazione o possono inspirare fantasie feticistiche. Il piede difficilmente viene mostrato; solo al mare o la località turistica forniscono il contesto in cui può essere lasciato nudo o fasciato da calzature aperte. Alle sole donne è consentito di esibirlo anche in città: scarpe senza punta, sandaletti, scarpe scollate sono prerogativa del gentil sesso. Un uomo con i sandali, o peggio, un individuo che giri in ciabatte viene giudicato con disprezzo; il suo comportamento è visto come un segno di sciatteria, di trascuratezza o di ostentato anticonformismo. Il piede è oggi rivalutato nella medicina alternativa: la Reflessologia Plantare lo "legge" per fare una diagnosi della salute psicofisica della persona; la bioenergetica osserva il modo in cui lo si appoggia al suolo e insegna che il "grounding", il radicamento a terra di questa estremità, è un significativo indice di stabilità e di contatto con la realtà. E' ormai un luogo comune nello studio del linguaggio del corpo che la parte dalla cintola in giù sia la meno controllata e quindi possa diventare una fonte di importanti informazioni sulle intenzioni e sulle emozioni dell'altro. Quando un individuo è in tensione, il modo in cui muove, contrae, agita i piedi lascia trapelare, il suo stato d'animo anche quando il resto del corpo sembra trasmettere un messaggio di sicurezza e disinvoltura. In posizione eretta, l'ansia, la fretta o l'apprensione vengono espresse tenendo un piede orientato verso l'interlocutore o dell'uditorio e l'altro verso una potenziale via di fuga (un porta, in direzione del punto in cui si trova l'atrio, l'uscita e così via). Un altro indice di emotività è il calpestarsi una scarpa con l'altra o sfregarle, poggiando i piedi sul lato esterno. O ancora, chi è agitato, ed è seduto, può sollevare i tacchi come per andarsene, ma rimanendo lì dov'è, oppure muovere le dita, facendo assumere alla punta delle scarpe un aspetto torto. Un altro tipico segno di agitazione è, in piedi, far ricadere il peso del corpo ora da un lato o dall'altro, dando l'impressione di oscillare. La comodità di stare seduti non offre un sollievo sufficiente a inibire queste azioni; anzi, altre se ne aggiungono: chi non vede l'ora di andarsene, accavalla le gambe, tenendo il piede sospeso; quindi, lo spinge con moto altalenante avanti e indietro, lo contrae, curvando le dita (o piegando l'estremità della scarpa verso il basso); infine, può "aggrovigliare" strettamente le estremità inferiori. Con i piedi (e quindi non solo " … con le mani …", come dice la famosa canzone di Zucchero) possiamo "fare tante altre cose": ad esempio, mostrare impazienza, battendoli sul pavimento o tirandoli all'indietro, da seduti, quando un argomento o altro ci da fastidio o ci induce un senso di rifiuto; se la situazione ci sta "stretta", possiamo sedere, incrociare le gambe e calciare nel vuoto oppure tenere i talloni sollevati nell'evidente impulso a toglierci di lì (spesso, portando anche il busto in avanti e afferrando i braccioli con le mani).
La posizione delle nostre estremità inferiori può per altro indicare anche interesse o attenzione: chi è "preso" da un discorso, ad esempio, può tenere il piede sollevato, a volte anche a lungo. Se siamo coinvolti in una conversazione e notiamo una terza persona che ci piace, possiamo orientare il nostro piede verso di essa. Uno dei più vistosi segni di eccitazione è un accentuazione del tono muscolare, un fenomeno osservabile soprattutto in una donna che porti la gonna corta; le gambe appaiono tese e scattanti e, se il piede è scalzo o le la calzatura lascia libere le dita, possiamo notare, in circostanze di forte coinvolgimento una vera e propria erezione dell'alluce. I piedi, come si è accennato, possono suscitare forti impulsi sessuali per qualcuno; in particolare, i piedi di una donna per l'uomo sono vissuti spesso come una parte attraente del corpo femminile. In parte, perché sono più piccoli e sinuosi del piede maschile (le scarpe con il tacco alto servono ad esaltare quest'aspetto) e perciò diventano un segno distintivo di femminilità. Inoltre, la pianta del piede produce gli stessi acidi grassi secreti dalla regione dell'inguine: quindi il loro odore (o la rievocazione dell'odore data dalla loro vista) può funzionare da inconsapevole afrodisiaco. Proprio in funzione di queste caratteristiche, le donne che vogliano sedurre il partner possono, più o meno intenzionalmente, dirigere l'attenzione di quest'ultimo sulle proprie estremità inferiori. Così possono sfilare il tallone della scarpa e fare dondolare quest'ultima sulla punta del piede (quest'azione evoca anche il denudamento), oppure accarezzarsi il collo del piede o tenere il piede parallelo alla gamba; quest'azione sembra abbia la funzione di annullare il potenziale simbolismo fallico del piede, già identificato da Freud prima della fine del secolo.

giovedì 16 giugno 2016

Trovare lavoro grazie a internet


Internet, ancora una volta, si dimostra di essere una risorsa utilissima alla comunità intera, stavolta fungendo da raccordo tra le azienda in cerca di dipendenti e le persone che cercano un’occupazione per poter andare avanti e vivere degnamente. E' possibile oggi, trovare lavoro anche attraverso i social network.

Quali portali scegliere per trovare lavoro?

Di portali per trovare lavoro online, come abbiamo detto in precedenza, ce ne sono tantissimi; ma solo pochi sono quelli veramente affidabili e che moderano gli annunci inseriti, offrendo un servizio agli utenti di primissimo livello. Spesso, infatti, si sente parlare di annunci ed offerte di lavoro truffaldine, che continuano ad essere pubblicate, proprio perché non esiste un filtro intelligente tra l’inserimento e la moderazione degli stessi.
Alcuni siti web che si occupano di annunci, allestiscono uno spazio news, all’interno del quale vengono discusse le principali problematiche e novità sul mondo del lavoro, ed un servizio di revisione per i curriculum vitae. Insomma, veri e propri tutor del lavoro a trecentosessantagradi!
Uno dei principali portali per la ricerca del lavoro è Monster, permette di inserire il curriculum in una forma molto completa (e apprezzata dalle aziende). Offre poi lo strumento del Job Alert, comune a molti siti, ovvero la possibilità di ricevere nell'email la lista di annunci che corrispondono a criteri precedentemente impostati dall'utente.
Subito.it è un portale minimale ma molto apprezzato per la sua funziona di ricerca locale. Per utilizzarne i servizi non è necessario inserire il cv: basta cliccare sull'annuncio e mandare la propria domanda all'azienda semplicemente compilando un breve form.
Smile per completezza a Monster, Infojobs permette di inserire video curriculum, referenze, foto e altri documenti. Ha l'interessante funzione della tracciabilità del cv, ovvero l'indicazione delle fasi del processo di selezione che informa il candidato se il suo curriculum è stato visionato, accettato o scartato dall'azienda.
Concorsi Pubblici è un portale dedicato ai concorsi relativi alla pubblica amministrazione, che mette a disposizione un'utile newsletter.

Funzionano davvero i portali per trovare lavoro su web?

È importante rendersi conto come, a prescindere da questi strumenti, trovare lavoro resta difficile: si può rispondere a cento annunci e ricevere comunicazione solo da una o due aziende.
Inoltre, sebbene si siano selezionati i siti più affidabili, una rapida ricerca su Google può dare come risultato centinaia di portali simili. Molti di questi collezionano, pure, gli stessi annunci.
È difficile quindi capire a chi offrire la propria fiducia e sono sempre possibili le brutte sorprese.
Si consiglia di diffidare da annunci che non riportano dati importanti, come il nome dell'azienda, il suo indirizzo, il tipo di mansione e il compenso.
Inoltre, non è assolutamente utile inviare la propria candidatura per profili assolutamente lontani dalla propria professionalità: il cv verrà scartato all'istante.

Consigli per ottenere un colloquio tramite il web

  • Essere presenti sul web. Esistono molti social network dedicati al lavoro (primo fra tutti Linkedin), ma senza una comunicazione coerente e guidata da un minimo di strategia, l'io digitale di un aspirante lavoratore non avrà alcuna attrativa per le aziende. Anzi, una comunicazione troppo frivola e incostante può essere controproducente,
  • Compilare con estrema attenzione e accortezza i form dei portali web. Può essere un'operazione lunga e noiosa – soprattutto se dev'essere eseguita diverse volte – ma è necessaria: le aziende apprezzano molto un profilo completo
  • Inserire (almeno) una lettera di presentazione, una foto e, se possibile, referenze,
  • Selezionare con attenzione i portali controllati giornalmente per trovare lavoro. È vero: molti di loro condividono gli stessi annunci, ma esistono siti che veicolano tipi di offerte diversi dagli altri. Ad esempio, MediaJobs pubblica annunci relativi soltanto al settore Marketing e Media. Individuare i giusti portali può aiutare a risparmiare tempo.
  • Leggere con attenzione gli annunci. Se qualcosa non convince, non inviare la candidatura ma cercare – se possibile – di contattare il responsabile delle risorse umane dell'azienda per ridurre in questa maniera il rischio di annunci “truffa”.

sabato 11 giugno 2016

Ascoltare gli altri ed entrare in "rapport" con loro...


Perché è così difficile capire gli altri? Perché è così difficile sforzarci di capire qualcuno? Come mai tendiamo a scaricare sulle altre persone le colpe della nostra incapacità a comunicare e farci capire? Ed ancora, come mai per molti di noi fermarsi ad ascoltare qualcuno, con sincera attenzione, è una cosa così difficile? A te succede spesso? Ti è difficile ascoltare e capire le persone che ti circondano? Rivolgo spesso, queste ed altre domande, alle persone che partecipano ai miei seminari, oppure ai ragazzi delle scuole , dove ho il piacere di trasferire le mie esperienze. Che formuli la domanda ad un target adulto o ad uno giovane, la risposta è spesso identica: “Ma perché devo sforzarmi di cercare di capire io gli altri?” Questa risposta, unita alla variante “Ma perché devo sforzarmi di cercare di capire SEMPRE IO gli altri?”, è predominante nella maggior parte degli esseri umani che ho incontrato.
La maggior parte delle persone si lamenta di essere fraintesa o “non capita”, eppure tende ad evitare accuratamente di fare degli sforzi “per cercare di capire e farsi capire da chi hanno di fronte” e “delega” molto volentieri quest’attività agli altri, giudicandola faticosa e spesso priva di logica: “perché devo farlo io…..lo sforzo? Fallo tu!”. La gente pensa che per capire una persona basti esclusivamente ascoltarla meccanicamente “tendendo l’orecchio”, oppure crede che per farsi capire da qualcuno basti unicamente usare la bocca, parlargli ed emettere dei suoni chiamati comunemente “parole”. Magari, continuando a fare tutta una serie di cose tranquillamente (mettere a posto; rispondere al telefono; scrivere; leggere il giornale; ecc.), ripetendo alla persona che cerca di parlar loro….. “parla, parla, ti ascolto”. In realtà, il loro corpo, il tuo corpo fa dell’altro, la loro mente, la tua mente è altrove, concentrata sulla cosa che stai facendo fisicamente e tu tendi debolmente l’orecchio verso la persona che ti parla con la “presunzione” che questo basti a farti capire e, soprattutto, basti a lei per sentirsi importante ed al centro della tua attenzione. Credimi, la verità è molto più complessa: per capire veramente qualcuno devi fare lo sforzo di andargli incontro, non soltanto fisicamente, ma anche emotivamente, dimostrandogli vera attenzione, è come se tu gli dicessi verbalmente e con il linguaggio del corpo: “Ok, Vincenzo, mi fermo e ti ascolto, parla pure”. In comunicazione quest’azione si chiama “Ascolto Attivo”, nella programmazione neuro-linguistica possiamo chiamarla “Rapport”.
In realtà, “entrare in rapport con qualcuno” è ancora più forte che prestargli il già importante “ascolto attivo”. Entrare in “rapport” con qualcuno è molto più della simpatia, è molto più della stessa empatia, è semplicemente qualcosa di fantastico: è SIMBIOSI. Tu ascolti la persona che hai davanti con interesse e gli presti tutta la tua attenzione, lo guardi negli occhi e cominci ad accorgerti di alcune somiglianze, ascolti le sue parole e cominci a vivere le sue emozioni, cominci a provare delle sensazioni particolari, che vanno aldilà della semplice simpatia. Ad un certo punto ti sembra di pensare come lui, muoverti come lui, essere simile a lui……insomma, senza accorgertene sei “entrato in rapport” con la persona che hai davanti. Pensa a quante volte ti è successo di incontrare persone, anche se conosciute da poco, con cui stavi bene, veramente bene insieme. In realtà, ti sembrava di conoscerle da una vita. Questo fenomeno è molto forte negli innamorati, la prossima volta che ti capita di incontrarne qualcuno, fermati a guardarli, nota cosa fanno, come si guardano, come si parlano, come si toccano e come stanno di fronte l’uno all’altra, una sola parola: SI IMITANO. Bene, quello che in natura accade sempre con gli innamorati e qualche volta, quando incontri persone particolari con cui entri subito in sintonia, si chiama appunto “Rapport” ed aiuta moltissimo a capire chi abbiamo di fronte e, naturalmente, a farci capire dagli altri. Oltre tutto, alla maggior parte delle persone piacciono persone a loro simili. Tendono a circondarsi di persone che abbiano le loro stesse idee, le loro stesse simpatie, addirittura le loro stesse antipatie. Molti scelgono il proprio compagno, gli amici, le persone da assumere tra quelle che gli assomigliano di più. E’ paradossale, ma se incontri 10 persone per strada con il loro cane, 8 ti sembreranno simili al cane o viceversa, il cane assomiglierà al padrone. In PNL diciamo: “Se io sono come te, ti piacerò; e se ti piacerò, vorrai essere d’accordo con me”. Quindi, mi capirai ed io ti capirò.
Adesso fai uno sforzo, ed apri l’emisfero destro del tuo cervello ed immagina, per un istante, di essere capace di “entrare in rapport” con le persone a comando, di scegliere tu quando e con chi entrare in rapport (meglio lasciarsi anche la possibilità di non voler entrare in rapport con qualcuno che ci è particolarmente antipatico). Di quanto miglioreresti la tua capacità comunicativa? Come cambierebbe la tua vita, in meglio o in peggio? Io conosco già la risposta, avendo provato prima di te: la tua vita cambierebbe notevolmente in meglio, grazie alla capacità che avresti di sviluppare empatia e migliorare le tue relazioni interpersonali. Del resto, nel corso delle mie esperienze quasi ventennali, ho imparato che ci sono solo due modi per confrontarmi con le persone:
  • mettere in evidenza le differenze tra me e gli altri, facendo quindi notare ciò che mi divide da loro (io sono + bravo, sono migliore, ho studiato di +, ho + esperienza di te, ecc.);
  • oppure puntare sulle somiglianze, facendo leva sulle cose che abbiamo in comune (anche se poche).
Ho capito a mie spese, e quando dico a mie spese significa che ho pagato caro il mio sbaglio, che se punto sulle differenze difficilmente riuscirò simpatico a qualcuno ed acquisirò la sua fiducia. Anzi, probabilmente svilupperò l’effetto contrario (l’antipatia) e sarà per me impossibile cercare di capirlo e, soprattutto, farmi capire. Molto meglio puntare sulle cose che mi uniscono a quella persona, a quelle persone, molto meglio cercare di “entrare in rapport”. A questo punto, potresti obiettarmi che non è molto naturale, anzi, che sembra costruito. Vorrei solamente farti notare che il “processo di rapport” esiste già in natura, è parte dell’essere umano. Tu devi solo imparare ad ampliarlo, facendo in modo che questa capacità diventi sempre più forte dentro di te e ti permetta di vivere rapporti interpersonali migliori, capaci di soddisfarti e soddisfare anche gli altri.

giovedì 9 giugno 2016

I 10 lavori migliori per i non laureati, eccoli


Non avete la laurea e siete in cerca di un impiego ben retribuito? AOL – nota multinazionale statunitense ed Internet service provider con 30 milioni di utenti – si è posto questa domanda ed ha stilato la classifica dei 10 migliori mestieri senza laurea. Ecco le posizioni della classifica, partendo dall’ultima per arrivare alla prima:
10. Venditore
Le opportunità di impiego nel settore commerciale sono numerose ed AOL ha stimato uno stipendio medio di circa 52 mila dollari, con una previsione di crescita del 16 per cento nei prossimi anni.
9. Tecnico Installatore
Con l’era dei computer, la figura professionale del tecnico installatore non poteva che trarne vantaggio proprio come programmatori ed ingegneri: lo stipendio medio si aggira intorno ai 54 mila dollari con una previsione di crescita pari al 15 per cento.
8. Agente Assicuratore
Nel settore delle assicurazioni – campo che ha uno stipendio medio di circa 46 mila dollari – si prevedono circa 90 mila nuovi posti di lavoro – circa il 22 per cento di crescita – dunque sono diverse le ragioni per cui tentare la fortuna in questa direzione.
7. Ispettore Edile
Con uno stipendio medio di circa 52 mila dollari ed una previsione di crescita del 18 per cento, questo profilo professionale si occupa di controllare i cantieri in maniera tale che vengano seguite tutte le norme di sicurezza.
6. Idraulico, Tubista e Caldaista
Circa 47 mila dollari è lo stipendio medio di idraulici, tubisti e caldaisti; professionisti per cui è prevista una crescita del 26 per cento circa. Per quale motivo? Queste figure professionali hanno possibilità di impiego presso uffici, case, ospedali e chi più ne ha, più ne metta.
5. Intonacatore
35 per cento di crescita prevista ed uno stipendio medio di circa 45 mila dollari per una delle professioni più diffuse negli USA.
4. Elettricista
Entro il 2020, sono previsti ben 134 mila – circa il 23 per cento di crescita – nuovi posti di lavoro nel settore dell’energia con uno stipendio medio di 48 mila dollari.
3. Pilota Commerciale
21 per cento di crescita nei prossimi anni ed uno stipendio di circa 67 mila dollari per una professione che richiede, soltanto, una licenza dopo un tot di ore di volo presso una scuola. Inutile dire che è una figura professionale con molti sbocchi lavorativi.
2. Muratore
Un impiego evergreen – almeno negli USA – è quello del muratore che vanta uno stipendio medio di circa 47 mila dollari ed una previsione di crescita pari al 41 per cento, nei prossimi anni.
1. Ruspista
La prima posizione della classifica va alla figura professionale del ruspista che fa un lavoro molto faticoso, ma ottiene uno stipendio medio di 48 mila dollari circa; oltre ad una crescita del 36 per cento prevista per gli anni a venire.
La top ten è stata stilata prendendo in esame le retribuzioni delle varie categorie professionali, oltre alle prospettive di crescita delle carriere più pagate senza il requisito della laurea.

sabato 28 maggio 2016

Gestione del tempo:Realizzate gli obiettivi e dimenticate il resto.

La Gestione del Tempo è la disciplina che aiuta le persone a organizzarsi. Detta così sembra una disciplina semplice; il punto è che non c’è un solo modo per gestire bene il tempo; in molti formulano teorie e le incasellano in teorie ancora più ampie, in idee pseudo-religiose o banalmente new age. Noi, fedeli al concetto di efficacia, parleremo di un modello del tempo che viene utilizzato da alcuni “guru” del management e che sicuramente da ottimi risultati. Innanzitutto il tempo trascorre e basta; quello che si può davvero gestire sono le attività che compiamo. Secondo i maggiori esponenti del Time Management (la gestione del tempo), quali Stephen R. Covey e Lothar J. Seiwert è essenziale partire dalla fine. 

Partire dalla fine significa avere degli obiettivi chiari a dieci, cinque o perlomeno tre anni e poi viaggiare a ritroso stabilendo degli stepstone (pietre miliari) che rappresentino delle realizzazioni intermedie. Usiamo un esempio molto semplice: pensate ad un team che progetta una casa. Viene stabilito il periodo esatto di fine lavori, ma anche i passaggi intermedi. Prima il design, la progettazione, il calcolo di costi e materiali, l’assegnazione ad una o più ditte della realizzazione delle varie fasi. Poi si realizzano fisicamente le fondamenta, i muri maestri, e così via. Questo processo è chiaro e condiviso nella costruzione di un edificio, invece nella “costruzione” dei nostri risultati più importanti spesso ci si affida al caso o ad un vago desiderio. Ma il desiderio senza un piano d’azione è solo un sogno.

Anche stabilire un vero obiettivo, il cosiddetto Goal Setting, è un processo affascinante e molto chiaro ed articolato, ma sarà descritto ampiamente in una prossima newsletter. Per ora torniamo al Time Management e presupponiamo che abbiate già alcuni obiettivi ben formati e compatibili tra loro. Uno di questi obiettivi è a 3 anni. Stabilite una ragionevole “pietra miliare”, rispetto all’obiettivo che avete stabilito. Diciamo che questa pietra miliare sia tra 12 mesi. Scomponete ancora e stabilite un’ulteriore pietra miliare, stavolta a 6 mesi. Cosa dovrete fare voi personalmente perché fra 6 mesi si realizzi questo obiettivo intermedio? E fra 3 mesi? Ci stiamo avvicinando. Prossimo stepstone: 1 mese.

Quindi fra un mese dovrete raggiungere quella porzione di obiettivo; assolvere quella serie di compiti che vi porterà a realizzare il vostro obiettivo a tre anni. Ora scomponete ancora e troverete quattro “mattoni” di risultati frutto di specifiche attività sotto la vostra personale responsabilità. Bene ora avete un obiettivo settimanale e potete organizzare le attività relative nell’agenda settimanale (sempre meglio averne anche una cartacea). A questo punto vi renderete conto che difficilmente avrete, nella realtà, un solo obiettivo (anche se tristemente il 90% degli esseri umani non formula obiettivi chiari). Il compito di schedulare, di pianificare le attività nell’agenda settimanale richiede altre competenze.

Prendete un bel foglio grande (magari un A3) e dividetelo in quattro parti.
La prima la chiamerete Urgente/Importante.
La seconda Importante.
La terza Urgente.
La quarta N/N (cioè non urgente e non importante).

Urgente / Importante
Attività relative all’obiettivo o agli obiettivi principali che sono in ritardo o impreviste e che bisogna realizzare ASAP (as soon as possibile), cioè: subito. Esempio: per uno studente che non si è preparato, il libro da studiare quando mancano pochi giorni all’esame. Impatto psicologico: stress, frustrazione. Risultato: scarsa qualità, approssimazione; spesso far diventare Urgenti Importanti altri compiti successivi.

Importante

Le attività vitali al raggiungimento dell’obiettivo o degli obiettivi principali. Attività programmate in tempi corretti. Esempio: Realizzare un accurato piano marketing nei tempi giusti per realizzarlo con efficacia. Impatto psicologico: entusiasmo, soddisfazione, voglia di continuare così. Risultato: di buona qualità; inoltre c’è tempo per cambiare delle cose che non funzionano e gestire gli imprevisti inevitabili.

Urgente
Le attività in ritardo o impreviste da portare a compimento subito, ma che non sono fondamentali al raggiungimento degli obiettivi principali. Esempio: Fare le commissioni di casa, burocrazia, la spesa. Impatto psicologico: (Se non programmate) Stress, dispersione. Risultato: Errori, accumulo di stanchezza.

N/N 
Le attività inutili o secondarie che dividiamo in un due sottosezioni: Immondizia e Svago.

Immondizia 
(da evitare il più possibile)
Esempio: Fare pettegolezzi; pause lunghe; “cazzeggiare”. Impatto psicologico: inutilità, deconcentrazione. Risultato: poca efficacia

Svago (da utilizzare con cautela)
Esempio: durante la pausa pranzo vedere una fiction; fare pause brevi, passeggiare. Impatto psicologico: relax e maggiore concentrazione successiva (per chi lo utilizza con cautela) Risultato: gestione dell’energia e dei ritmi di lavoro e di quelli biologici

Bene! Ora che avete riempito il foglio con le cose da fare potete immetterle nell’agenda settimanale e programmare le giornate. A questo punto vi renderete conto che, (almeno la maggioranza) di avere pochi obiettivi davvero chiari e troppi obiettivi indefiniti che vi spingono a fare male miriadi di attività. Scegliete 4, 5 ruoli o macro ruoli (per esempio: manager; marito e papà; sportivo (corridore); lettore e quant’altro. Poi scegliete un obiettivo per Ruolo. Quando avrete chiaro ciò che dovete inserire nel foglio A3 (con le quattro aree), fatelo. Ok! Siete pronti a programmare l’agenda settimanale. Per inserire in maniera funzionale le attività nell’agenda settimanale dovrete dare precedenza al settore Urgente /Importante; poi all’ Importante; poi all’ Urgente ed infine al N/N (cioè non urgente e non importante).

Tenete conto che gli ottimi realizzatori sono coloro che utilizzano il 50/60 % del tempo programmato facendo cose importanti.
Un altro particolare da tenere d’occhio è programmare i compiti giornalieri lasciando spazio a imprevisti, spostamenti, pasti, tempo libero (ovviamente senza esagerare). Provate questa programmazione e scoprirete di avere sempre sopravvalutato quello che potete fare in un giorno, ma fortemente sottovalutato quello che farete in un anno. Inoltre scoprirete di avere più energia e soddisfazione.