giovedì 4 agosto 2016

Co-Working, come cambia il mondo del lavoro


Sei un professionista ed hai bisogno di uno spazio lavorativo? Hai bisogno di un luogo dove portare i tuoi clienti? Devi riunire il tea per un progetto? Addio ufficio tradizionale.
Oggi si lavora in Co-Working. Ma cos’è?
Il coworking, a grandi linee,  è la condivisione di uno spazio lavorativo tra diversi professionisti.
La nascita risale al 2005 grazie ad un programmatore informatico californiano, tale Brad Neuberg, che creò il “San Francisco Coworking Space”, un locale arredato con mobili Ikea per condividere con altri professionisti locali connessioni e servizi.

Soluzione perfetta ed utile per i professionisti freelance che non potevano permettersi un posto di lavoro proprio, e in alcuni casi una vera opportunità di business.
Anche se, va detto, subaffittare una stanza con connessione non è sufficiente per rientrare nella definizione: lo spazio di coworking è anche un luogo di incontro, un posto per creare sinergie e fare networking!

Da allora si è assistito ad un vero e proprio boom! Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia, dove i numeri iniziano a essere interessanti: 40 realtà di coworking solo a Milano, un centinaio nella rete Cowo, oltre 200 in tutta Italia se si considerano anche esperimenti più soft e meno strutturati.
Il fenomeno è talmente esteso che si parla anche di co-working aziendali: invece di ospitare un singolo professionista, si dà spazio ad intere aziende. Non mancano anche incubatori (business incubator), realtà nate con lo scopo di permettere alle start-up di svilupparsi, che offrono anche spazi per lavorare. Un esempio? Speed Mi Up, sempre su Milano.

Il modello è sicuramente vincente, ed è destinato a contagiare altri ambiti. Basti pensare al co-housing, alloggi privati con condivisione di servizi comuni; da non confondere con i comuni condomini: in condivisione qui ci sono persino le cucine!
Un modo nuovo di concepire il lavoro che sta portando con sé un vero e proprio cambiamento culturale, economico e sociale.

Con la crisi e un mercato del lavoro sempre più flessibile, l’ufficio tradizionale sarà sempre meno popolare, specie nelle realtà provinciali.

Il co-working cambia il lavoro. Come?

Offrendo la possibilità di abbattere i costi fissi di gestione di un classico ufficio, la flessibilità d’impiego degli spazi e degli strumenti di lavoro, ma soprattutto l’opportunità di creare una (o più) comunità nella quale riconoscersi e dalla quale sentirsi riconosciuti, che abbia come obiettivo una convivenza sociale e professionale.
Condivisione, collaborazione, costruzione di relazioni, fare rete: sono pratiche acquisite grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali e diventano oggi le basi sulle quali costruire modelli diversi da quelli che la crisi ha dimostrato non funzionare più. Al centro torna l’uomo con le sue relazioni. 

Quali sono gli ingredienti “giusti” per farlo funzionare?

•Condivisione: lo scambio di conoscenze, nell’era della precarietà, non passa più soltanto attraverso Internet; avviene attraverso la condivisione anche di spazi fisici in cui mettere a fattore comune strumenti di lavoro, contatti, professionalità, progetti.

•Collaborazione: creare collaborazioni tra professionisti che svolgono attività simili e diverse; far nascere nuove sinergie che stimolino la creatività ed il sapere di ognuno. Dinamismo fondamentale.

•Costruzione: moltiplicare alleanze, collaborazioni su attività, committenze, progetti.

•Connessione: fare rete; uscire dalla condizione di isolamento che molto spesso è propria del freelance (specie coloro che lavorano da casa) e creare una comunità multi-professionale costituita da persone che condividano i valori di apertura verso l’altro, collaborazione professionale, curiosità intellettuale

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