giovedì 4 agosto 2016

Co-Working, come cambia il mondo del lavoro


Sei un professionista ed hai bisogno di uno spazio lavorativo? Hai bisogno di un luogo dove portare i tuoi clienti? Devi riunire il tea per un progetto? Addio ufficio tradizionale.
Oggi si lavora in Co-Working. Ma cos’è?
Il coworking, a grandi linee,  è la condivisione di uno spazio lavorativo tra diversi professionisti.
La nascita risale al 2005 grazie ad un programmatore informatico californiano, tale Brad Neuberg, che creò il “San Francisco Coworking Space”, un locale arredato con mobili Ikea per condividere con altri professionisti locali connessioni e servizi.

Soluzione perfetta ed utile per i professionisti freelance che non potevano permettersi un posto di lavoro proprio, e in alcuni casi una vera opportunità di business.
Anche se, va detto, subaffittare una stanza con connessione non è sufficiente per rientrare nella definizione: lo spazio di coworking è anche un luogo di incontro, un posto per creare sinergie e fare networking!

Da allora si è assistito ad un vero e proprio boom! Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia, dove i numeri iniziano a essere interessanti: 40 realtà di coworking solo a Milano, un centinaio nella rete Cowo, oltre 200 in tutta Italia se si considerano anche esperimenti più soft e meno strutturati.
Il fenomeno è talmente esteso che si parla anche di co-working aziendali: invece di ospitare un singolo professionista, si dà spazio ad intere aziende. Non mancano anche incubatori (business incubator), realtà nate con lo scopo di permettere alle start-up di svilupparsi, che offrono anche spazi per lavorare. Un esempio? Speed Mi Up, sempre su Milano.

Il modello è sicuramente vincente, ed è destinato a contagiare altri ambiti. Basti pensare al co-housing, alloggi privati con condivisione di servizi comuni; da non confondere con i comuni condomini: in condivisione qui ci sono persino le cucine!
Un modo nuovo di concepire il lavoro che sta portando con sé un vero e proprio cambiamento culturale, economico e sociale.

Con la crisi e un mercato del lavoro sempre più flessibile, l’ufficio tradizionale sarà sempre meno popolare, specie nelle realtà provinciali.

Il co-working cambia il lavoro. Come?

Offrendo la possibilità di abbattere i costi fissi di gestione di un classico ufficio, la flessibilità d’impiego degli spazi e degli strumenti di lavoro, ma soprattutto l’opportunità di creare una (o più) comunità nella quale riconoscersi e dalla quale sentirsi riconosciuti, che abbia come obiettivo una convivenza sociale e professionale.
Condivisione, collaborazione, costruzione di relazioni, fare rete: sono pratiche acquisite grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali e diventano oggi le basi sulle quali costruire modelli diversi da quelli che la crisi ha dimostrato non funzionare più. Al centro torna l’uomo con le sue relazioni. 

Quali sono gli ingredienti “giusti” per farlo funzionare?

•Condivisione: lo scambio di conoscenze, nell’era della precarietà, non passa più soltanto attraverso Internet; avviene attraverso la condivisione anche di spazi fisici in cui mettere a fattore comune strumenti di lavoro, contatti, professionalità, progetti.

•Collaborazione: creare collaborazioni tra professionisti che svolgono attività simili e diverse; far nascere nuove sinergie che stimolino la creatività ed il sapere di ognuno. Dinamismo fondamentale.

•Costruzione: moltiplicare alleanze, collaborazioni su attività, committenze, progetti.

•Connessione: fare rete; uscire dalla condizione di isolamento che molto spesso è propria del freelance (specie coloro che lavorano da casa) e creare una comunità multi-professionale costituita da persone che condividano i valori di apertura verso l’altro, collaborazione professionale, curiosità intellettuale

mercoledì 3 agosto 2016

Programma Panorama, un utile strumento per l'orientamento.

Sapersi orientare all’interno dell’attuale mondo del lavoro non è affatto semplice. Ne sono ben consapevoli soprattutto i giovani che, una volta terminato il proprio percorso di studio, si ritrovato del tutto spiazzati e spesso incapaci a muovere i primi passi. Da questo punto di vista un’importante iniziativa del tutto incentrata sull’orientamento al lavoro è il programma Panorama carriere e lavoro, un vero e proprio tour durante il quale sarà possibile incontrare esperti nel campo delle risorse umane e rappresentanti di alcune delle principali aziende italiane.
Semplicemente iscrivendosi all’evento, sarà possibile fissare il proprio appuntamento con gli esperti del settore ed avere, quindi, una sessione esclusiva di orientamento al lavoro focalizzata sulle proprie competenze ed aspirazioni future. I giovani che parteciperanno all’evento entreranno a far parte della Community HRC con oltre 300 aziende nazionali ed internazionali: un ottimo modo questo per essere sempre aggiornato sulle opportunità di lavoro disponibili.
Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno il programma Panorama carriere e lavoro affronterà importanti tematiche indispensabili per favorire l’orientamento dei più giovani, come ad esempio: il bilancio delle proprie competenze, per evidenziare i punti di forza e le attitudini su cui puntare; l’analisi del mercato, per far comprendere quali sono i settori economicamente più forti e le rispettive professioni più richieste dalle aziende; il personal branding, tramite cui imparare a presentarsi e ad impostare un curriculum vitae ed una lettera di presentazione perfetti; l’uso dei social network per perfezionare la propria presenza online, approfondendo in particolare LinkedIn.
Nel corso degli incontri, gli esperti in risorse umane e i manager aziendali metteranno la propria esperienza e competenze al servizio dei giovani, volenterosi di trovare un’occupazione adeguata. Si effettueranno anche delle simulazioni di colloqui di lavoro in modo da far fare pratica e mostrare dei trucchi efficaci per mantenere la calma e presentarsi al meglio.
Di seguito ecco il calendario delle varie tappe del programma Panorama carriere e lavoro:

9 settembre 2016 – Costiera Amalfitana
30 settembre 2016 – Cagliari
18/21 ottobre 2016 – Milano
11 novembre 2016 – Mantova
25 novembre 2016 – Trapani.

Per iscrivervi ed avere maggiori informazioni riguardo questo importante evento dedicato all’orientamento al lavoro, si consiglia di consultare la seguente pagina web.

mercoledì 22 giugno 2016

Comunicare con i ... piedi!

Il piede. Una parte del corpo che in genere non lascia indifferenti; la sua vista o il contatto con esso in alcuni provocano sentimenti di disgusto e repulsione; in altri suscitano attrazione o possono inspirare fantasie feticistiche. Il piede difficilmente viene mostrato; solo al mare o la località turistica forniscono il contesto in cui può essere lasciato nudo o fasciato da calzature aperte. Alle sole donne è consentito di esibirlo anche in città: scarpe senza punta, sandaletti, scarpe scollate sono prerogativa del gentil sesso. Un uomo con i sandali, o peggio, un individuo che giri in ciabatte viene giudicato con disprezzo; il suo comportamento è visto come un segno di sciatteria, di trascuratezza o di ostentato anticonformismo. Il piede è oggi rivalutato nella medicina alternativa: la Reflessologia Plantare lo "legge" per fare una diagnosi della salute psicofisica della persona; la bioenergetica osserva il modo in cui lo si appoggia al suolo e insegna che il "grounding", il radicamento a terra di questa estremità, è un significativo indice di stabilità e di contatto con la realtà. E' ormai un luogo comune nello studio del linguaggio del corpo che la parte dalla cintola in giù sia la meno controllata e quindi possa diventare una fonte di importanti informazioni sulle intenzioni e sulle emozioni dell'altro. Quando un individuo è in tensione, il modo in cui muove, contrae, agita i piedi lascia trapelare, il suo stato d'animo anche quando il resto del corpo sembra trasmettere un messaggio di sicurezza e disinvoltura. In posizione eretta, l'ansia, la fretta o l'apprensione vengono espresse tenendo un piede orientato verso l'interlocutore o dell'uditorio e l'altro verso una potenziale via di fuga (un porta, in direzione del punto in cui si trova l'atrio, l'uscita e così via). Un altro indice di emotività è il calpestarsi una scarpa con l'altra o sfregarle, poggiando i piedi sul lato esterno. O ancora, chi è agitato, ed è seduto, può sollevare i tacchi come per andarsene, ma rimanendo lì dov'è, oppure muovere le dita, facendo assumere alla punta delle scarpe un aspetto torto. Un altro tipico segno di agitazione è, in piedi, far ricadere il peso del corpo ora da un lato o dall'altro, dando l'impressione di oscillare. La comodità di stare seduti non offre un sollievo sufficiente a inibire queste azioni; anzi, altre se ne aggiungono: chi non vede l'ora di andarsene, accavalla le gambe, tenendo il piede sospeso; quindi, lo spinge con moto altalenante avanti e indietro, lo contrae, curvando le dita (o piegando l'estremità della scarpa verso il basso); infine, può "aggrovigliare" strettamente le estremità inferiori. Con i piedi (e quindi non solo " … con le mani …", come dice la famosa canzone di Zucchero) possiamo "fare tante altre cose": ad esempio, mostrare impazienza, battendoli sul pavimento o tirandoli all'indietro, da seduti, quando un argomento o altro ci da fastidio o ci induce un senso di rifiuto; se la situazione ci sta "stretta", possiamo sedere, incrociare le gambe e calciare nel vuoto oppure tenere i talloni sollevati nell'evidente impulso a toglierci di lì (spesso, portando anche il busto in avanti e afferrando i braccioli con le mani).
La posizione delle nostre estremità inferiori può per altro indicare anche interesse o attenzione: chi è "preso" da un discorso, ad esempio, può tenere il piede sollevato, a volte anche a lungo. Se siamo coinvolti in una conversazione e notiamo una terza persona che ci piace, possiamo orientare il nostro piede verso di essa. Uno dei più vistosi segni di eccitazione è un accentuazione del tono muscolare, un fenomeno osservabile soprattutto in una donna che porti la gonna corta; le gambe appaiono tese e scattanti e, se il piede è scalzo o le la calzatura lascia libere le dita, possiamo notare, in circostanze di forte coinvolgimento una vera e propria erezione dell'alluce. I piedi, come si è accennato, possono suscitare forti impulsi sessuali per qualcuno; in particolare, i piedi di una donna per l'uomo sono vissuti spesso come una parte attraente del corpo femminile. In parte, perché sono più piccoli e sinuosi del piede maschile (le scarpe con il tacco alto servono ad esaltare quest'aspetto) e perciò diventano un segno distintivo di femminilità. Inoltre, la pianta del piede produce gli stessi acidi grassi secreti dalla regione dell'inguine: quindi il loro odore (o la rievocazione dell'odore data dalla loro vista) può funzionare da inconsapevole afrodisiaco. Proprio in funzione di queste caratteristiche, le donne che vogliano sedurre il partner possono, più o meno intenzionalmente, dirigere l'attenzione di quest'ultimo sulle proprie estremità inferiori. Così possono sfilare il tallone della scarpa e fare dondolare quest'ultima sulla punta del piede (quest'azione evoca anche il denudamento), oppure accarezzarsi il collo del piede o tenere il piede parallelo alla gamba; quest'azione sembra abbia la funzione di annullare il potenziale simbolismo fallico del piede, già identificato da Freud prima della fine del secolo.

giovedì 16 giugno 2016

Trovare lavoro grazie a internet


Internet, ancora una volta, si dimostra di essere una risorsa utilissima alla comunità intera, stavolta fungendo da raccordo tra le azienda in cerca di dipendenti e le persone che cercano un’occupazione per poter andare avanti e vivere degnamente. E' possibile oggi, trovare lavoro anche attraverso i social network.

Quali portali scegliere per trovare lavoro?

Di portali per trovare lavoro online, come abbiamo detto in precedenza, ce ne sono tantissimi; ma solo pochi sono quelli veramente affidabili e che moderano gli annunci inseriti, offrendo un servizio agli utenti di primissimo livello. Spesso, infatti, si sente parlare di annunci ed offerte di lavoro truffaldine, che continuano ad essere pubblicate, proprio perché non esiste un filtro intelligente tra l’inserimento e la moderazione degli stessi.
Alcuni siti web che si occupano di annunci, allestiscono uno spazio news, all’interno del quale vengono discusse le principali problematiche e novità sul mondo del lavoro, ed un servizio di revisione per i curriculum vitae. Insomma, veri e propri tutor del lavoro a trecentosessantagradi!
Uno dei principali portali per la ricerca del lavoro è Monster, permette di inserire il curriculum in una forma molto completa (e apprezzata dalle aziende). Offre poi lo strumento del Job Alert, comune a molti siti, ovvero la possibilità di ricevere nell'email la lista di annunci che corrispondono a criteri precedentemente impostati dall'utente.
Subito.it è un portale minimale ma molto apprezzato per la sua funziona di ricerca locale. Per utilizzarne i servizi non è necessario inserire il cv: basta cliccare sull'annuncio e mandare la propria domanda all'azienda semplicemente compilando un breve form.
Smile per completezza a Monster, Infojobs permette di inserire video curriculum, referenze, foto e altri documenti. Ha l'interessante funzione della tracciabilità del cv, ovvero l'indicazione delle fasi del processo di selezione che informa il candidato se il suo curriculum è stato visionato, accettato o scartato dall'azienda.
Concorsi Pubblici è un portale dedicato ai concorsi relativi alla pubblica amministrazione, che mette a disposizione un'utile newsletter.

Funzionano davvero i portali per trovare lavoro su web?

È importante rendersi conto come, a prescindere da questi strumenti, trovare lavoro resta difficile: si può rispondere a cento annunci e ricevere comunicazione solo da una o due aziende.
Inoltre, sebbene si siano selezionati i siti più affidabili, una rapida ricerca su Google può dare come risultato centinaia di portali simili. Molti di questi collezionano, pure, gli stessi annunci.
È difficile quindi capire a chi offrire la propria fiducia e sono sempre possibili le brutte sorprese.
Si consiglia di diffidare da annunci che non riportano dati importanti, come il nome dell'azienda, il suo indirizzo, il tipo di mansione e il compenso.
Inoltre, non è assolutamente utile inviare la propria candidatura per profili assolutamente lontani dalla propria professionalità: il cv verrà scartato all'istante.

Consigli per ottenere un colloquio tramite il web

  • Essere presenti sul web. Esistono molti social network dedicati al lavoro (primo fra tutti Linkedin), ma senza una comunicazione coerente e guidata da un minimo di strategia, l'io digitale di un aspirante lavoratore non avrà alcuna attrativa per le aziende. Anzi, una comunicazione troppo frivola e incostante può essere controproducente,
  • Compilare con estrema attenzione e accortezza i form dei portali web. Può essere un'operazione lunga e noiosa – soprattutto se dev'essere eseguita diverse volte – ma è necessaria: le aziende apprezzano molto un profilo completo
  • Inserire (almeno) una lettera di presentazione, una foto e, se possibile, referenze,
  • Selezionare con attenzione i portali controllati giornalmente per trovare lavoro. È vero: molti di loro condividono gli stessi annunci, ma esistono siti che veicolano tipi di offerte diversi dagli altri. Ad esempio, MediaJobs pubblica annunci relativi soltanto al settore Marketing e Media. Individuare i giusti portali può aiutare a risparmiare tempo.
  • Leggere con attenzione gli annunci. Se qualcosa non convince, non inviare la candidatura ma cercare – se possibile – di contattare il responsabile delle risorse umane dell'azienda per ridurre in questa maniera il rischio di annunci “truffa”.

sabato 11 giugno 2016

Ascoltare gli altri ed entrare in "rapport" con loro...


Perché è così difficile capire gli altri? Perché è così difficile sforzarci di capire qualcuno? Come mai tendiamo a scaricare sulle altre persone le colpe della nostra incapacità a comunicare e farci capire? Ed ancora, come mai per molti di noi fermarsi ad ascoltare qualcuno, con sincera attenzione, è una cosa così difficile? A te succede spesso? Ti è difficile ascoltare e capire le persone che ti circondano? Rivolgo spesso, queste ed altre domande, alle persone che partecipano ai miei seminari, oppure ai ragazzi delle scuole , dove ho il piacere di trasferire le mie esperienze. Che formuli la domanda ad un target adulto o ad uno giovane, la risposta è spesso identica: “Ma perché devo sforzarmi di cercare di capire io gli altri?” Questa risposta, unita alla variante “Ma perché devo sforzarmi di cercare di capire SEMPRE IO gli altri?”, è predominante nella maggior parte degli esseri umani che ho incontrato.
La maggior parte delle persone si lamenta di essere fraintesa o “non capita”, eppure tende ad evitare accuratamente di fare degli sforzi “per cercare di capire e farsi capire da chi hanno di fronte” e “delega” molto volentieri quest’attività agli altri, giudicandola faticosa e spesso priva di logica: “perché devo farlo io…..lo sforzo? Fallo tu!”. La gente pensa che per capire una persona basti esclusivamente ascoltarla meccanicamente “tendendo l’orecchio”, oppure crede che per farsi capire da qualcuno basti unicamente usare la bocca, parlargli ed emettere dei suoni chiamati comunemente “parole”. Magari, continuando a fare tutta una serie di cose tranquillamente (mettere a posto; rispondere al telefono; scrivere; leggere il giornale; ecc.), ripetendo alla persona che cerca di parlar loro….. “parla, parla, ti ascolto”. In realtà, il loro corpo, il tuo corpo fa dell’altro, la loro mente, la tua mente è altrove, concentrata sulla cosa che stai facendo fisicamente e tu tendi debolmente l’orecchio verso la persona che ti parla con la “presunzione” che questo basti a farti capire e, soprattutto, basti a lei per sentirsi importante ed al centro della tua attenzione. Credimi, la verità è molto più complessa: per capire veramente qualcuno devi fare lo sforzo di andargli incontro, non soltanto fisicamente, ma anche emotivamente, dimostrandogli vera attenzione, è come se tu gli dicessi verbalmente e con il linguaggio del corpo: “Ok, Vincenzo, mi fermo e ti ascolto, parla pure”. In comunicazione quest’azione si chiama “Ascolto Attivo”, nella programmazione neuro-linguistica possiamo chiamarla “Rapport”.
In realtà, “entrare in rapport con qualcuno” è ancora più forte che prestargli il già importante “ascolto attivo”. Entrare in “rapport” con qualcuno è molto più della simpatia, è molto più della stessa empatia, è semplicemente qualcosa di fantastico: è SIMBIOSI. Tu ascolti la persona che hai davanti con interesse e gli presti tutta la tua attenzione, lo guardi negli occhi e cominci ad accorgerti di alcune somiglianze, ascolti le sue parole e cominci a vivere le sue emozioni, cominci a provare delle sensazioni particolari, che vanno aldilà della semplice simpatia. Ad un certo punto ti sembra di pensare come lui, muoverti come lui, essere simile a lui……insomma, senza accorgertene sei “entrato in rapport” con la persona che hai davanti. Pensa a quante volte ti è successo di incontrare persone, anche se conosciute da poco, con cui stavi bene, veramente bene insieme. In realtà, ti sembrava di conoscerle da una vita. Questo fenomeno è molto forte negli innamorati, la prossima volta che ti capita di incontrarne qualcuno, fermati a guardarli, nota cosa fanno, come si guardano, come si parlano, come si toccano e come stanno di fronte l’uno all’altra, una sola parola: SI IMITANO. Bene, quello che in natura accade sempre con gli innamorati e qualche volta, quando incontri persone particolari con cui entri subito in sintonia, si chiama appunto “Rapport” ed aiuta moltissimo a capire chi abbiamo di fronte e, naturalmente, a farci capire dagli altri. Oltre tutto, alla maggior parte delle persone piacciono persone a loro simili. Tendono a circondarsi di persone che abbiano le loro stesse idee, le loro stesse simpatie, addirittura le loro stesse antipatie. Molti scelgono il proprio compagno, gli amici, le persone da assumere tra quelle che gli assomigliano di più. E’ paradossale, ma se incontri 10 persone per strada con il loro cane, 8 ti sembreranno simili al cane o viceversa, il cane assomiglierà al padrone. In PNL diciamo: “Se io sono come te, ti piacerò; e se ti piacerò, vorrai essere d’accordo con me”. Quindi, mi capirai ed io ti capirò.
Adesso fai uno sforzo, ed apri l’emisfero destro del tuo cervello ed immagina, per un istante, di essere capace di “entrare in rapport” con le persone a comando, di scegliere tu quando e con chi entrare in rapport (meglio lasciarsi anche la possibilità di non voler entrare in rapport con qualcuno che ci è particolarmente antipatico). Di quanto miglioreresti la tua capacità comunicativa? Come cambierebbe la tua vita, in meglio o in peggio? Io conosco già la risposta, avendo provato prima di te: la tua vita cambierebbe notevolmente in meglio, grazie alla capacità che avresti di sviluppare empatia e migliorare le tue relazioni interpersonali. Del resto, nel corso delle mie esperienze quasi ventennali, ho imparato che ci sono solo due modi per confrontarmi con le persone:
  • mettere in evidenza le differenze tra me e gli altri, facendo quindi notare ciò che mi divide da loro (io sono + bravo, sono migliore, ho studiato di +, ho + esperienza di te, ecc.);
  • oppure puntare sulle somiglianze, facendo leva sulle cose che abbiamo in comune (anche se poche).
Ho capito a mie spese, e quando dico a mie spese significa che ho pagato caro il mio sbaglio, che se punto sulle differenze difficilmente riuscirò simpatico a qualcuno ed acquisirò la sua fiducia. Anzi, probabilmente svilupperò l’effetto contrario (l’antipatia) e sarà per me impossibile cercare di capirlo e, soprattutto, farmi capire. Molto meglio puntare sulle cose che mi uniscono a quella persona, a quelle persone, molto meglio cercare di “entrare in rapport”. A questo punto, potresti obiettarmi che non è molto naturale, anzi, che sembra costruito. Vorrei solamente farti notare che il “processo di rapport” esiste già in natura, è parte dell’essere umano. Tu devi solo imparare ad ampliarlo, facendo in modo che questa capacità diventi sempre più forte dentro di te e ti permetta di vivere rapporti interpersonali migliori, capaci di soddisfarti e soddisfare anche gli altri.

giovedì 9 giugno 2016

I 10 lavori migliori per i non laureati, eccoli


Non avete la laurea e siete in cerca di un impiego ben retribuito? AOL – nota multinazionale statunitense ed Internet service provider con 30 milioni di utenti – si è posto questa domanda ed ha stilato la classifica dei 10 migliori mestieri senza laurea. Ecco le posizioni della classifica, partendo dall’ultima per arrivare alla prima:
10. Venditore
Le opportunità di impiego nel settore commerciale sono numerose ed AOL ha stimato uno stipendio medio di circa 52 mila dollari, con una previsione di crescita del 16 per cento nei prossimi anni.
9. Tecnico Installatore
Con l’era dei computer, la figura professionale del tecnico installatore non poteva che trarne vantaggio proprio come programmatori ed ingegneri: lo stipendio medio si aggira intorno ai 54 mila dollari con una previsione di crescita pari al 15 per cento.
8. Agente Assicuratore
Nel settore delle assicurazioni – campo che ha uno stipendio medio di circa 46 mila dollari – si prevedono circa 90 mila nuovi posti di lavoro – circa il 22 per cento di crescita – dunque sono diverse le ragioni per cui tentare la fortuna in questa direzione.
7. Ispettore Edile
Con uno stipendio medio di circa 52 mila dollari ed una previsione di crescita del 18 per cento, questo profilo professionale si occupa di controllare i cantieri in maniera tale che vengano seguite tutte le norme di sicurezza.
6. Idraulico, Tubista e Caldaista
Circa 47 mila dollari è lo stipendio medio di idraulici, tubisti e caldaisti; professionisti per cui è prevista una crescita del 26 per cento circa. Per quale motivo? Queste figure professionali hanno possibilità di impiego presso uffici, case, ospedali e chi più ne ha, più ne metta.
5. Intonacatore
35 per cento di crescita prevista ed uno stipendio medio di circa 45 mila dollari per una delle professioni più diffuse negli USA.
4. Elettricista
Entro il 2020, sono previsti ben 134 mila – circa il 23 per cento di crescita – nuovi posti di lavoro nel settore dell’energia con uno stipendio medio di 48 mila dollari.
3. Pilota Commerciale
21 per cento di crescita nei prossimi anni ed uno stipendio di circa 67 mila dollari per una professione che richiede, soltanto, una licenza dopo un tot di ore di volo presso una scuola. Inutile dire che è una figura professionale con molti sbocchi lavorativi.
2. Muratore
Un impiego evergreen – almeno negli USA – è quello del muratore che vanta uno stipendio medio di circa 47 mila dollari ed una previsione di crescita pari al 41 per cento, nei prossimi anni.
1. Ruspista
La prima posizione della classifica va alla figura professionale del ruspista che fa un lavoro molto faticoso, ma ottiene uno stipendio medio di 48 mila dollari circa; oltre ad una crescita del 36 per cento prevista per gli anni a venire.
La top ten è stata stilata prendendo in esame le retribuzioni delle varie categorie professionali, oltre alle prospettive di crescita delle carriere più pagate senza il requisito della laurea.

sabato 28 maggio 2016

Gestione del tempo:Realizzate gli obiettivi e dimenticate il resto.

La Gestione del Tempo è la disciplina che aiuta le persone a organizzarsi. Detta così sembra una disciplina semplice; il punto è che non c’è un solo modo per gestire bene il tempo; in molti formulano teorie e le incasellano in teorie ancora più ampie, in idee pseudo-religiose o banalmente new age. Noi, fedeli al concetto di efficacia, parleremo di un modello del tempo che viene utilizzato da alcuni “guru” del management e che sicuramente da ottimi risultati. Innanzitutto il tempo trascorre e basta; quello che si può davvero gestire sono le attività che compiamo. Secondo i maggiori esponenti del Time Management (la gestione del tempo), quali Stephen R. Covey e Lothar J. Seiwert è essenziale partire dalla fine. 

Partire dalla fine significa avere degli obiettivi chiari a dieci, cinque o perlomeno tre anni e poi viaggiare a ritroso stabilendo degli stepstone (pietre miliari) che rappresentino delle realizzazioni intermedie. Usiamo un esempio molto semplice: pensate ad un team che progetta una casa. Viene stabilito il periodo esatto di fine lavori, ma anche i passaggi intermedi. Prima il design, la progettazione, il calcolo di costi e materiali, l’assegnazione ad una o più ditte della realizzazione delle varie fasi. Poi si realizzano fisicamente le fondamenta, i muri maestri, e così via. Questo processo è chiaro e condiviso nella costruzione di un edificio, invece nella “costruzione” dei nostri risultati più importanti spesso ci si affida al caso o ad un vago desiderio. Ma il desiderio senza un piano d’azione è solo un sogno.

Anche stabilire un vero obiettivo, il cosiddetto Goal Setting, è un processo affascinante e molto chiaro ed articolato, ma sarà descritto ampiamente in una prossima newsletter. Per ora torniamo al Time Management e presupponiamo che abbiate già alcuni obiettivi ben formati e compatibili tra loro. Uno di questi obiettivi è a 3 anni. Stabilite una ragionevole “pietra miliare”, rispetto all’obiettivo che avete stabilito. Diciamo che questa pietra miliare sia tra 12 mesi. Scomponete ancora e stabilite un’ulteriore pietra miliare, stavolta a 6 mesi. Cosa dovrete fare voi personalmente perché fra 6 mesi si realizzi questo obiettivo intermedio? E fra 3 mesi? Ci stiamo avvicinando. Prossimo stepstone: 1 mese.

Quindi fra un mese dovrete raggiungere quella porzione di obiettivo; assolvere quella serie di compiti che vi porterà a realizzare il vostro obiettivo a tre anni. Ora scomponete ancora e troverete quattro “mattoni” di risultati frutto di specifiche attività sotto la vostra personale responsabilità. Bene ora avete un obiettivo settimanale e potete organizzare le attività relative nell’agenda settimanale (sempre meglio averne anche una cartacea). A questo punto vi renderete conto che difficilmente avrete, nella realtà, un solo obiettivo (anche se tristemente il 90% degli esseri umani non formula obiettivi chiari). Il compito di schedulare, di pianificare le attività nell’agenda settimanale richiede altre competenze.

Prendete un bel foglio grande (magari un A3) e dividetelo in quattro parti.
La prima la chiamerete Urgente/Importante.
La seconda Importante.
La terza Urgente.
La quarta N/N (cioè non urgente e non importante).

Urgente / Importante
Attività relative all’obiettivo o agli obiettivi principali che sono in ritardo o impreviste e che bisogna realizzare ASAP (as soon as possibile), cioè: subito. Esempio: per uno studente che non si è preparato, il libro da studiare quando mancano pochi giorni all’esame. Impatto psicologico: stress, frustrazione. Risultato: scarsa qualità, approssimazione; spesso far diventare Urgenti Importanti altri compiti successivi.

Importante

Le attività vitali al raggiungimento dell’obiettivo o degli obiettivi principali. Attività programmate in tempi corretti. Esempio: Realizzare un accurato piano marketing nei tempi giusti per realizzarlo con efficacia. Impatto psicologico: entusiasmo, soddisfazione, voglia di continuare così. Risultato: di buona qualità; inoltre c’è tempo per cambiare delle cose che non funzionano e gestire gli imprevisti inevitabili.

Urgente
Le attività in ritardo o impreviste da portare a compimento subito, ma che non sono fondamentali al raggiungimento degli obiettivi principali. Esempio: Fare le commissioni di casa, burocrazia, la spesa. Impatto psicologico: (Se non programmate) Stress, dispersione. Risultato: Errori, accumulo di stanchezza.

N/N 
Le attività inutili o secondarie che dividiamo in un due sottosezioni: Immondizia e Svago.

Immondizia 
(da evitare il più possibile)
Esempio: Fare pettegolezzi; pause lunghe; “cazzeggiare”. Impatto psicologico: inutilità, deconcentrazione. Risultato: poca efficacia

Svago (da utilizzare con cautela)
Esempio: durante la pausa pranzo vedere una fiction; fare pause brevi, passeggiare. Impatto psicologico: relax e maggiore concentrazione successiva (per chi lo utilizza con cautela) Risultato: gestione dell’energia e dei ritmi di lavoro e di quelli biologici

Bene! Ora che avete riempito il foglio con le cose da fare potete immetterle nell’agenda settimanale e programmare le giornate. A questo punto vi renderete conto che, (almeno la maggioranza) di avere pochi obiettivi davvero chiari e troppi obiettivi indefiniti che vi spingono a fare male miriadi di attività. Scegliete 4, 5 ruoli o macro ruoli (per esempio: manager; marito e papà; sportivo (corridore); lettore e quant’altro. Poi scegliete un obiettivo per Ruolo. Quando avrete chiaro ciò che dovete inserire nel foglio A3 (con le quattro aree), fatelo. Ok! Siete pronti a programmare l’agenda settimanale. Per inserire in maniera funzionale le attività nell’agenda settimanale dovrete dare precedenza al settore Urgente /Importante; poi all’ Importante; poi all’ Urgente ed infine al N/N (cioè non urgente e non importante).

Tenete conto che gli ottimi realizzatori sono coloro che utilizzano il 50/60 % del tempo programmato facendo cose importanti.
Un altro particolare da tenere d’occhio è programmare i compiti giornalieri lasciando spazio a imprevisti, spostamenti, pasti, tempo libero (ovviamente senza esagerare). Provate questa programmazione e scoprirete di avere sempre sopravvalutato quello che potete fare in un giorno, ma fortemente sottovalutato quello che farete in un anno. Inoltre scoprirete di avere più energia e soddisfazione. 

giovedì 19 maggio 2016

Nuovi metodi di ricerca del lavoro



Se state pensando di cercare un posto di lavoro, o siete già alla ricerca di uno, fate attenzione: ad oggi il modo in cui cercare lavoro è cambiato. Gli strumenti tecnologici e i social network hanno modificato il modo in cui alcuni datori di lavoro considerano i candidati. Basta passare al setaccio le offerte di lavoro per capire che l’invio del proprio curriculum in massa non è mai stata una buona strada per il successo, e lo è ancor meno adesso.

Una delle domande più importanti che molti di coloro che cercano lavoro si stanno facendo è questa: Come può un’azienda entrare in contatto con me? Alcuni datori di lavoro non si preoccupano nemmeno di pubblicare offerte di lavoro, ma cercano il giusto candidato online.

Non essere presenti su Internet può essere controproducente. Il consiglio è quello di aprire un profilo Linkedin, Twitter magari un proprio blog e migliorarne i contenuti per far sì che vengano indicizzati al meglio dai motori di ricerca.

Avere un blog, in particolare, può essere un buon modo per mostrare di essere un opinion leader o un esperto conoscitore di una data materia, e ciò contribuisce a migliorare la vostra visibilità professionale. Bisogna inoltre considerate YouTube come un canale per migliorare la vostra reperibilità. Se un possibile datore di lavoro si imbatte in un vostro video o presentazione si può ottenerne un vantaggio.

Sempre più aziende si stanno rivolgendo a Twitter per pubblicare offerte di lavoro, così come bisognerebbe usare questo social network per seguire le società di ricerca e selezione del personale (es: @Ricercamy), i leader del settore o singole imprese. Inoltre postando articoli propri e/o di altri inerenti al proprio business, è possibile migliorare la vostra reputazione professionale.

Anche Facebook può essere un ottimo strumento per la ricerca di un lavoro ma è necessario assicurarsi di avere una presenza altamente professionale in ogni momento.

La propria rete di contatti personali, può ancora essere un modo efficace per ottenere un lavoro, ma il networking fatto on-line è di certo più efficace per la quantità e la velocità delle connessioni.

Chiedere a qualcuno un aiuto per trovare un lavoro non è mai una buona idea, sia su LinkedIn che altrove. Condividi link e consigli con le persone della tua rete LinkedIn prima di chiedere un favore, come l’introduzione ad un contatto HR o una raccomandazione scritta visibile sul sito. Se siete interessati ad una posizione in particolare si potrebbe dire qualcosa come: “Sono interessato a questo lavoro. Ci sono informazioni che può condividere con me? “

Partecipare ai gruppi su LinkedIn può aumentare la vostra visibilità. Dettagliare inoltre le proprie competenze affinchè ciò renda più facile il contatto con potenziali datori di lavoro che proprio quelle skills stanno cercando. E l’elenco delle capacità potrebbe anche mettervi in contatto con un reclutatore.

Il traffico mobile che coinvolge la ricerca di lavoro è più che raddoppiato nel 2012 rispetto al 2011. Quindi assicuratevi di sapere come il vostro curriculum vitae e lettera di accompagnamento vengano visualizzati su uno schermo di piccole dimensioni.

Seguite questi consigli per cambiare il vostro approccio al modo in cui cercate lavoro e avrete migliori risultati.

giovedì 5 maggio 2016

Farsi dire di si... più semplice farlo che dirlo...



Che si tratti di sedurre una donna, di convincere il tuo Prof. che ti meriti un 30 e lode per il tuo esame universitario o di riuscire a concludere una vendita con un cliente ostico, la persuasione è uno strumento fondamentale, che dovresti tenere sempre a portata di mano nella tua cassetta degli attrezzi.
Voglio subito sgomberare il campo dai dubbi: non mi interessano e disprezzo le tecniche spicciole utilizzate spesso da aziende e pubblicitari per venderci prodotti o servizi di scarso valore; questa non è persuasione, è truffa bella e buona. Nella mia prospettiva la persuasione è la capacità di convincere i nostri interlocutori del reale valore delle nostre idee, delle nostre posizioni e del nostro lavoro. Insomma, persuadere non è convincere chi ti sta di fronte di ciò che è falso, ma piuttosto rendergli chiaro ed evidente ciò che è vero:
  • Puoi aver studiato mesi per il tuo esame ed aver memorizzato ogni pagina del libro, ma allo stesso tempo, non riuscire a convincere il professore sulla tua reale preparazione.
  • Puoi avere in mente l’idea più brillante di questo pianeta per il tuo lavoro, eppure non riuscire a presentarla nel modo corretto ai tuoi colleghi o ai tuoi capi.
  • Puoi disporre di un prodotto o servizio in grado di rivoluzionare realmente la vita dei tuoi clienti, e allo stesso tempo non riuscire a venderlo perché non sei capace di trasmetterne il reale valore.
Ecco, in tutti questi casi, apprendere delle tecniche di persuasione efficaci, può essere utile per raggiungere i risultati che ti meriti. In questo articolo ti parlerò di 4 tecniche che per me si sono dimostrate particolarmente utili, nello studio, nel lavoro e non solo…

Tecnica 1: Perché no?

Abbiamo gia parlato in passato del potere delle domande. Una domanda può renderti ricco, una domanda può ridarti la motivazione perduta, una domanda… può aiutarti a trasformare un “No” in un “Si”.
Uno studio condotto dal prof. Stiff ed i suoi colleghi, e riportato nel libro Persuasive Communication, ha dimostrato che porre la semplice domanda “Perché no?”, ha un’alta percentuale di successo nel trasformare un secco rifiuto in un più accomodante “Si”.
L’obiettivo della tecnica “Perché no?” è infatti quello di trasformare una risposta definitiva(“No”) in un semplice ostacolo da superare. Porre la domanda “Perché no?” costringe l’interlocutore a dover fornire delle obiezioni, più o meno logiche, che possiamo gestire molto più semplicemente del rifiuto diretto.
Inoltre, più le obiezioni sono deboli, più si viene a creare una dissonanza cognitiva nella mente del nostro interlocutore, che alla ricerca disperata di coerenza finirà con il venirci incontro. Insomma: se non c’è nessuna valida motivazione per non fare qualcosa, perché non farla?!

Tecnica 2: La porta in faccia!

Direttamente dall’esperienza dei venditori porta a porta, nasce la tecnica della porta… in faccia! Quando vogliamo ottenere un determinato risultato dal nostro interlocutore, dovremmo fare una richiesta che noi stessi riteniamo troppo elevata e poco ragionevole: a tale richiesta seguirà senza dubbio una metaforica porta in faccia, ovvero un rifiuto; a questo punto dovremmo far seguire immediatamente la reale richiesta che avevamo in mente: confrontata con la prima infatti, la nuova richiesta apparirà più modesta e ragionevole.
Tale tecnica basa la sua efficacia sulla naturale tendenza della nostra mente a fare comparazioni. Se forniamo il giusto termine di paragone, nessuna richiesta apparirà eccessiva ;-).
Non te la senti di chiedere un aumento di stipendio sproporzionato al tuo capo?! Allora utilizza la tecnica della “porta in faccia” su te stesso quando definisci un obiettivo:
“Mira alle stelle, male che vada colpirai la luna.”

Tecnica 3: Un piede nella porta

La terza tecnica di persuasione di cui parliamo e che prende ispirazione sempre dai nostri “simpatici” venditori porta a porta, è la tecnica del “piede nella porta”. A differenza della tecnica della “porta in faccia”, l’obiettivo di questa terza tecnica è quello di fare una richiesta talmente banale ed ovvia da riuscire a strappare un primo, ma importantissimo “Si” al nostro interlocutore.
Sono certo che avrai visto applicare questa tecnica decine di volte: ti è mai capitato di incontrare per strada quei ragazzi che ti chiedono se hai mai letto un libro?! Oppure di rispondere all’ennesima chiamata di un’operatrice di call center che ti chiede se utilizzi il telefono?! L’obiettivo di queste domande idiote è proprio quello di strapparci un “Si”: è infatti dimostrato che le persone che accettano una prima piccola richiesta, tendono ad accettare anche richieste successive più impegnative.
Nella mia esperienza ho visto questa tecnica spesso mal usata ed abusata: ma volete mettere il divertimento di neutralizzare questi poppanti con le loro stesse armi?! La prossima volta che vi chiedono se avete mai letto un libro, domandategli se hanno mai visto un film! ;-)

Tecnica 4: Dammi una dannata motivazione!

A volte per convincere qualcuno tutto quello che gli dobbiamo fornire è una motivazione. Per quanto la nostra motivazione possa sembrare debole o banale, fornirla aumenta di gran lunga le nostre chances di successo.
Un esempio? In uno studio del 1978 di Langer, le matricole arruolate dal Professore dovevano porre una semplice domanda ai propri colleghi (inconsapevoli) in copisteria; ecco la domanda usata: “Avrei bisogno di usare la fotocopiatrice prima di te, perché devo fare delle fotocopie“. Per quanto la motivazione addotta fosse debole, sorprendentemente gli studenti che utilizzarono questa domanda ottennero un “Si” nel 90% dei casi (nell’altro 10% dei casi avevano incontrato Chuck Norris).

sabato 30 aprile 2016

Comunicazione persuasiva sul lavoro



Dire la tua su un progetto. Esporre le tue idee e le tue ragioni creando obiettivi condivisi e strategie comuni. È più facile se conosci come funziona la comunicazione persuasiva. Qui il contributo di Jay Conger, esperto di comportamento organizzativo

Capita sempre più spesso che buona parte della vita d’ufficio comporti del lavoro di gruppo, con frequenti scambi e mediazioni con colleghi e superiori. Ecco perché la comunicazione persuasiva è un argomento sempre più d’attualità, nonché un oggetto di ricerca da parte degli studiosi di scienze sociali e comportamentali.

Gli studi sulla comunicazione persuasiva di Jay Conger

Jay Conger, docente di comportamento organizzativo alla University of Southern California, ha dedicato oltre dodici anni allo studio della comunicazione persuasiva. La sua indagine si è concentrata suicomportamenti e gli stili comunicativi di grandi uomini d’affari che si sono distinti per la loro capacità di rinnovare e fare crescere in qualità e risultati i loro ambienti di lavoro: quegli uomini che, in gergo aziendale, sono detti change agent, o agente di cambiamento. Conger ha notato come lacomunicazione persuasiva consista in un processo di negoziazione e apprendimento continui. Per costruire il consenso e ottenere fiducia e spirito di collaborazione servono tempo, applicazione e consapevolezza.

I quattro capisaldi della comunicazione persuasiva

Secondo Jay Conger, la comunicazione persuasiva poggia su quattro pilastri:
1. La credibilità
Le persone ascoltano davvero solo chi ritengono affidabile e autorevole. La credibilità si guadagna “sul campo”, avendo dimostrato – nel tempo e con i fatti – che si è degni di fiducia perché si lavora nell’interesse comune, con capacità e costanza.
2. L’individuazione di obiettivi e benefici comuni
Quando fai una proposta, descrivi in maniera esplicita e dettagliata quali vantaggi comporterà per il gruppo. Le persone a cui ti rivolgi devono farsi un’idea precisa dei benefici tangibili che potranno ottenere. È necessario tenere sempre presente il bene comune, e al tempo stesso fare leva sulle priorità dei singoli. Indagare la sensibilità dei propri interlocutori – con colloqui informali e non, incontri preliminari e un ascolto continuo e attento – permette di conoscerne le esigenze e trovare il modo migliore per avvicinarsi a loro.
3. Un linguaggio chiaro e comprensibile
Parla sempre in modo chiaro, seguendo una sequenza logica ben delineata. Rifuggi da tecnicismi e termini arcani e supporta il tuo discorso con degli esempi facilmente recepibili dai tuoi interlocutori.
4. La sintonia emotiva
Finora abbiamo parlato di logica, argomentazioni razionali, chiarezza espositiva. Ma anche i sentimenti giocano un ruolo essenziale nella comunicazione persuasiva. Chi sa guadagnarsi l’ascolto e la fiducia degli altri sa che nel discorso è necessario mostrare un certo grado di coinvolgimento emotivo. Al tempo stesso, va prestata massima attenzione alle reazioni e agli stati d’animo dei suoi interlocutori, e in base a questi cercare di modulare il proprio discorso.

Comunicazione persuasiva: gli errori da non fare 

Conger è arrivato alla conclusione che sono quattro gli elementi da evitare per non compromettere l’efficacia di un messaggio:
1. Assumere un atteggiamento di chiusura
Iniziare il discorso con una presa di posizione che suoni rigida e chiusa a eventuali obiezioni e alternative può suscitare negli interlocutori un sentimento di rivalsa. Quando le persone si sentono limitate, tendono a reagire contro quella che avvertono come un’interferenza o una minaccia della loro libertà di scelta (persuasione e teoria della reattanza psicologica).
2. Rifiutare il compromesso
Venire a patti con le istanze altrui è un elemento essenziale della comunicazione persuasiva. Solo così si può approdare a una soluzione condivisa, che preveda un reale ed effettivo coinvolgimento delle persone.
3. Pensare in grande
La comunicazione persuasiva si basa su argomenti immediati e concreti, a partire dai vantaggi pratici che potranno risultare dalla proposta in questione. Più che i concetti astratti conta il bene comune, e quindi la capacità di farlo capire agli interlocutori con chiarezza.
4. Essere impazienti
Persuadere è un processo che richiede tempo e sforzi costanti. Servono pazienza, capacità di ascolto, adattabilità e l’umiltà indispensabili per raccogliere gli stimoli e le esigenze altrui e, quando necessario, rivedere il proprio progetto originario integrandolo con le proposte degli altri componenti del gruppo di lavoro. È un lento e faticoso lavoro di elaborazione, ma è l’unico in grado di dare risultati durevoli.

mercoledì 27 aprile 2016

Parlare con i gesti..

Provate a parlare con qualcuno: le vostre mani si muoveranno incosapevolmente. Ora provate a fare lo stesso tenendo immobili braccia e gambe: vi renderete conto che sarà difficile restare fermi. E quando accadrà, il vostro eloquio sarà più lento e faticoso.
Gesticolare è naturale, quasi un azione involontaria. Questo perchè nel nostro cervello abbiamo un meccanismo che "accoppia" i gesti delle braccia e delle mani alle articlazioni della bocca e della gola. Ciò significa che le parole determinano i gesti che usiamo per chiarire il nostro pensiero, ma anche che a seconda di come gesticoliamo, cambia il modo in cui articoliamo le parole.
Per esempio muovere la mano mentre diciamo ciao altera lo spettro delle frequenze sonore emesse dalle nostre corde vocali.
I gesti ci aiutano nell'espressione del nostro pensiero: infatti se vogliamo esprimere il concetto di grande, aprendo le braccia di poco o di tanto, fornisce un informazione più specifica delle dimensioni delle oggetto di cui parliamo.
Il circuito che lega il cervello alle mani viene chiamato "sistema di controllo motorio bocca-mano" ed è innato: la sua funzione primitiva è infatti legata alla nutrizione. Il bambino imparando ad articolare in modo appropriato le strutture necessarie all'alimentazione, impara contemporaneamente ad usarle per sviluppare il linguaggio.
Per questo, anche i non vedenti, quando parlano tra loro geticolano in maniera evidente.
Il linguaggio gestuale enfatizza, conferma, smentisce o indebolisce quanto affermiamo verbalmente.
Nella comunicazione face to face la parole contano per circa il 7%, l'intonazione della voce per il 38% e la gestualità per il 55%.
Non a caso i gesti nascono con l'uomo: ecco perchè un bimbo già a pochi mesi usa segni non verbali. Primo fra tutti quello di puntamento, cioè l'indice proteso ad attirare l'attenzione della mamma su un oggetto che vuole prendere in mano.
Crescendo, questo movimento assume però un valore cognitivo: non indica più il solo oggetto, ma anche concetti temporali.
Ad esempio, il classico gesto che indica i soldi, ovvero il pollice e l'indice che si sfregano ripetutamente, deriva dalla pantomima dell'azione di contare le banconote.
A volte però , il legame con l'azione originaria si perde e in quel caso in gesto diventa un atto puramente convenzionale che varia da cultura a cultura. Così, è bene che lungo le strade della Nigeria non facciate l'autostop utilizzando il gesto del pollice all'insù. Nessuno vi offrirebbe un passaggio ed anzi rischiereste qualche parolaccia: quel gesto, là, corrisponde al nostro dito medio alzato.

giovedì 10 marzo 2016

I social consultati dalle aziende

Interessante infografica realizzata da SocialBakers che analizza come le grandi aziende divise per ambito di appartenenza utilizzano i 3 maggiori social.
Emerge che tutti i settori analizzati prediligono l’utilizzo di Facebook, tranne il settore dei Media in cui Twitter la fa da padrone.
Google+ sembra che trovi il maggior utilizzo nel settore auto.

Su Social Bakers è consultabile la ricerca, mentre di seguito l’infografica riassuntiva.

mercoledì 3 febbraio 2016

Il lavoro... trovalo sul web

Il trend della ricerca di un lavoro via web è vivo più che mai! Le cause? Sarà il periodo di crisi, sarà la modalità di interazione che vede gli interlocutori come veri protagonisti ma il trend è nel suo pieno sviluppo quindi perché non cavalcare l’onda?

Primo fra tutti
LinkedIn, il social network che promuove le relazioni fra i collegamenti del proprio settore e non. Una volta iscritti, infatti, è possibile caricare il proprio CV, mandare/rispondere ai messaggi, richiedere, accettare, interagire nella home con i colleghi (nuovi e non) e molto altro.

A seguire la rete propone diversi portali, da
infojobs.it a jobrapido.it passando per i portali delle agenzie interinali.

L’evoluzione, vera e propria, del mondo web però non è da ritrovare nell’offerta di queste piattaforme, ma nella possibilità di implementare applications collegabili ai diversi social networks ovvero reti di persone che influenzano sempre più il nostro quotidiano.

Un esempio è dato da
BeKnown, l’applicazione realizzata grazie a Monster.it e Facebook, permette agli iscritti del social network di organizzare i propri contatti classificandoli in “Amici, parenti…” e “contatti professionali”.

Oltre a questa importante applicazione (se pur arrivata per seconda), sempre all’interno di Facebook, è possibile iscriversi a
Branch Out dove è possibile guadagnare punti invitando colleghi, amici oppure votando N contatti. Nonostante questo meccanismo, mira ad essere professionale e ad incrementare la propria quota rispetto al suo rivale linkediano.

Infine, da qualche giorno la rete propone un +1 ovvero
Jobberone.
Cliccando il link, si entra nel magico mondo della prima piattaforma “made in Italy” realizzata grazie ad un gruppo di informatici bresciani. La piattaforma è nata con l’intento di eliminare il GAP fra domande ed offerta ponendo i protagonisti in diretto contatto fra loro senza intermediari: l’utilizzo è completamente free, le imprese possono presentarsi ed i lavoratori vi possono cercare un impiego, fra un annuncio e l’altro, anche di quelli “mordi e fuggi” (babysitter per una sera, cameriere nel week end ecc…).

Oltre ad essere un portale per annunci, Jobberone, è anche un social network in cui gli iscritti possono inviarsi messaggi, condividere le proprie esperienze e approfondire i temi grazie ai blog e gruppi tematici!


E allora che aspettate?

giovedì 7 gennaio 2016

Elgpn, La rete Europea per le politiche perl'orientamento

Nel 2008 nasce l'European Lifelong Guidance Policy Network (Elgpn) con l’obiettivo di promuovere le politiche europee in materia di orientamento e rafforzare la cooperazione europea nel campo dell’orientamento lungo tutto l'arco della vita. In particolare, la rete ha l’obiettivo di implementare le priorità identificate dalla Risoluzione Ue del 18 maggio 2004 “Rafforzamento delle politiche, dei sistemi e delle prassi in materia di orientamento lungo tutto l'arco della vita in Europa”. Il mandato della rete è stato rafforzato dalla Risoluzione Ue del 21 novembre 2008 “Integrare maggiormente l'orientamento permanente nelle strategie di apprendimento permanente”: come evidenziato in quest'ultimo provvedimento, gli obiettivi delle politiche comunitarie in materia di orientamento consistono essenzialmente nel favorire l’acquisizione della capacità di orientamento nell’arco della vita; facilitare l’accesso di tutti i cittadini ai servizi di orientamento; incoraggiare i meccanismi di cooperazione e di collaborazione dei diversi soggetti a livello nazionale, regionale e locale; rafforzare la garanzia di qualità dei servizi di orientamento.
La rete Elgpn, sostenuta dalla Commissione europea nell’ambito del Lifelong Learning Programme, supporta gli Stati dell’Unione nel perseguimento di questi obiettivi.Durante la fase iniziale 2008-2010 l’attività della Rete si è concentrata sulla defi nizione delle proprie infrastrutture e sull’identifi cazione, attraverso le attività di peer learning, delle aree dell’orientamento rispetto alle quali il sostegno dell’Elgpn a livello nazionale potesse risultare maggiormente incisivo.



La seconda fase 2011-2012 vede l’approfondimento delle aree tematiche individuate, ossia:
1) capacità di orientamento al lavoro (Career Management Skills), che ha l'obiettivo di identifi care le competenze orientative e renderle leggibili nel contesto europeo;
2) accesso ai servizi, che ha come fi nalità quella di valorizzare il potenziale delle nuove tecnologie, integrando gli incontri in presenza con servizi erogati tramite telefono o internet;
3) meccanismi di coordinamento e di collaborazione, che ha come scopo quello sostenere lo sviluppo di politiche nazionali per l'orientamento permanente attraverso la creazione di strutture ad hoc;
4) garanzia di qualità, con l’obiettivo di identifi care le evidenze necessarie per garantire servizi di qualità.
Ad oggi, l'Elgpn è composta da 31 Paesi: Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Croazia,  Danimarca, Estonia,Germania, Grecia, Finlandia, Francia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Slovenia, Slovacchia, Turchia, Regno Unito e paesi osservatori: Belgio e Bulgaria
La partecipazione alla rete è aperta a tutti i Paesi eleggibili all'assistenza nell'ambito del Lifelong Learning Programme 2007-2013. Là dove sono presenti, i comitati o forum nazionali di coordinamento sulle politiche di orientamento rappresentano una solida base per la composizione delle delegazioni nazionali nell’ambito delle attività della rete Elgpn. Dal 2007 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali partecipa alla rete con un proprio rappresentante e promuove insieme al Centro Euroguidance Italy (coordinato dall’Isfol) la partecipazione dell'Italia allo sviluppo delle politiche europee per l'orientamento. Il metodo di lavoro dell’Elgpn è diversificato: riunioni plenarie, attività formative tra pari nell'ambito di visite sul campo, gruppi di lavoro ad hoc (6/8 membri) ed attività e lavori tecnici su commissione oppure finanziati da fonti specifiche.
Essendo una rete guidata dagli Stati membri, l’Elgpn rappresenta anche una forma innovativa del metodo aperto di coordinamento all’interno dell’Unione europea. Gli Stati sostengono che la partecipazione alla rete aumenta la consapevolezza dei decisori politici e degli stakeholders rispetto alle problematiche in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita e fornisce strumenti e analisi utili alla individuazione di possibili risposte comuni. Il programma di lavoro, le attività dei gruppi (Work packages e Task Groups) sono descritti in dettaglio sul sito della rete, http://elgpn.eu.